Oggi Chiara rivolge il nostro sguardo e il nostro cuore a Maria Desolata.


Maria attende

“Sabato santo. Maria è sola. Sola col suo figlio-Dio morto. Un abisso incolmabile di angoscia, uno strazio infinito? Sì, ma Ella sta ritta in piedi, divenendo un esempio eccelso, un monumento di tutte le virtù. Lei spera, lei crede: le parole di Gesù che durante la vita annunziavano la sua morte, ma anche la sua risurrezione, se altri le hanno scordate, Lei non le ha mai dimenticate: conservava queste, con altre, nel suo cuore e le meditava (cf Lc 2, 51).

Perciò non soccombe al dolore: attende.”

(Collegamento del 20 aprile 2000: Le 4 parole)



Porta Maria a casa con te

“Ricordiamo e commentiamo ora il semplice episodio della desolazione di Maria, narrato nel Vangelo.
Quando Gesù, indicando Giovanni, dice: “Donna, ecco tuo figlio”, quelle parole suonano in Maria come una sostituzione. Maria passa la prova di non essere più la madre di Gesù. E’ il momento in cui Maria ridona a Dio la maternità divina che le aveva dato. E’ un fiat diverso dal primo. Col primo, nell’annunciazione, ella, consacratasi vergine a Dio per tutta la vita, sembra dover cambiare i propri intenti. E sarà madre, pur rimanendo vergine.
Col secondo fiat, ai piedi del Calvario, rinuncia alla maternità di Gesù e solo così è madre di tutti. Acquista la maternità divina di infiniti uomini rinunciando alla maternità divina del primo figlio. (…)
E quale dolore abbia provato Maria quando Gesù ha gridato: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” non lo si può pensare. Era l’ora in cui ella avrebbe voluto stargli più vicina. Ma ormai aveva rinunziato ad ogni prerogativa materna. Nessun diritto aveva avuto d’esser stata madre di lui, e, di fronte al passaggio indicatole da Gesù ad un’altra maternità, non poté né lamentarsi, né scomporsi. Gesù perciò in quel momento non aveva né madre, né Padre. Era il nulla nato dal nulla.
E Maria era sospesa pure lei nel nulla. La sua grandezza era stata la maternità divina. Ora le era come tolta. Per cui la Desolata in quell’attimo – per volontà di Dio – sembra non partecipare ai dolori del Figlio, all’opera della redenzione. Appare separata dal Figlio che solo si offre per tutti, compresa lei.
Nello stesso tempo però vi partecipa con un’intensità impensabile, si direbbe infinita. E’ proprio lì che è fatta madre nostra.. (…)
Nella desolazione Maria per aver perso spiritualmente la maternità divina diventa in certo modo, o meglio passa la prova d’essere una semplice donna come le altre, non più la creatura insignita del titolo, che è la sua realtà, di Madre di Dio. Lì è solo donna, per così dire, così come Gesù appare nell’abbandono, semplice uomo e non più Dio.
Esiste però una differenza fra questi due abbandoni paralleli della passione di Gesù e della passione di Maria: Gesù nell’abbandono è solo, Maria è con un figlio.
Non solo, ma dal come Gesù dice le parole: “Donna, ecco tuo figlio”13 e al discepolo: “ecco tua madre”, si comprende immediatamente che qui non si tratta solo di un amore filiale, di Gesù verso la madre, o protettivo verso Giovanni. No, queste parole hanno un tono particolare come quelle, ad esempio, con le quali Gesù fonda la sua Chiesa. Esse sono costitutive di una realtà.
In questo momento a Maria viene affidata, nella figura di Giovanni, la Chiesa come figlia sua; e la Chiesa, in Giovanni, riceve Maria come Madre. (…)
Se leggiamo poi la frase del Vangelo che segue: “e da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”16, vediamo quale sia il compito della Chiesa e di ogni cristiano: portar Maria a casa, vivere con Maria, andare a Cristo con Maria, per Maria, in quanto Maria è Madre spirituale e cioè Madre che nutre i cristiani della filiazione divina.
Gesù in croce poteva benissimo dire a Giovanni: “Giovanni, con questa mia passione io ti riscatto, io ti redimo”. Invece Gesù, nel momento in cui ci redimeva, ci ha consegnato a Maria. Avendoci consegnati a Maria, non c’è nessun’altra strada per usufruire della redenzione che far la volontà di Gesù: prendere con noi Maria e, attraverso Maria, arrivare a Gesù: “E Giovanni se la prese con sé”.
Questo pensiero rivoluziona, credo, la nostra vita di cristiani.
Maria la si ama, la si prega, ci si serve di figure sue per adornare la nostra casa. A lei sono innalzate chiese e monumenti; insomma, è presente nella Chiesa cattolica e in altre Chiese, e nel cuore dei fedeli. Ma chi pensa al dovere di “prenderla nella sua casa” come ha fatto Giovanni e di abitare con lei perché il nostro denutrito cristianesimo sia alimentato da tanta madre, sia illuminato dai suoi consigli, sia accompagnato da Colei che è la perfezione suprema di quella realtà di madre che molti, anche anziani, sul letto di morte invocano?
Qui c’è da fare una rivoluzione: la nostra casa non deve essere più casa nostra, ma casa di Maria; e noi dobbiamo abitare con lei per sapere come Gesù ci vuole.”

(Chiara: Rocca di Papa, 23 novembre 1973, ai focolarini/e:
“La Madre: Maria, la Desolata”)


Il testo sopra riportato è stato abbreviato.
Puoi ascoltare il tema completo qui:


Desolata (Gen Rosso)


Ave Maria (Caccini)

Canta Giorgia Fumanti.


Una raccolta di Ulrike Comes. Foto: AdobeStock_74652620 (Pietà); AdobeStock_1185919722 (Disegno)